Costellazioni Familiari: dalla comprensione alla rigenerazione

Costellazioni Familiari Centro Psicologia Monterotondo

Ciascuno di noi fa parte di una famiglia con cui vive e a cui è legato, che lo voglia o meno. Spesso continuiamo a ripetere conflitti e malesseri nelle nostre esperienze, oppure portiamo sulle spalle pesi che non ci appartengono. O anche, viviamo a nostra insaputa il tragico destino di un familiare, scomparso da tanto tempo e mai conosciuto. Tutte queste dinamiche ci legano in modo negativo alla famiglia, impedendoci di guardare in avanti con forza gioiosa e di avere successo nella nostra vita.  (Bert Hellinger)

Scoperte che ci mettono in moto

Le costellazioni familiari sono un potente metodo per riconoscere gli intrecci e i collegamenti presenti nella propria famiglia di origine o nella propria famiglia attuale. Serve a orientarsi verso una soluzione per giungere a una profonda e definitiva comprensione della nostra storia familiare. Si ricontattano radici profonde spesso dimenticate, omesse o rifiutate che condizionano i nostri comportamenti, reazioni, eccetera.

Ci muoviamo verso l’accoglimento di quello che si è ricevuto in quanto figli: per come è, senza giudizio, ancoraggi al passato e rivendicazioni; e per come può essere, ovvero un dono elargito esclusivamente in base a ciò che i nostri antenati e genitori hanno ricevuto. Si riceve nel bene e nel male. Infatti molte volte tale sistema ci conduce all’accettazione e alla gratitudine esclusivamente per il fatto di essere al mondo e di aver ricevuto in dono la Vita. Solo la comprensione può consentire all’amore di fluire nuovamente mettendo finalmente in collegamento i membri del proprio sistema familiare.

I presupposti teorici delle Costellazioni Familiari

Il metodo delle Costellazioni fu sviluppato per la prima volta dal terapeuta tedesco Bert Hellinger. Egli vide chiaramente come l’individuo fosse parte di un insieme più grande, il sistema familiare o albero genealogico. L’individuo poteva essere accompagnato a vedere come i suoi comportamenti, sentimenti e atteggiamenti individuali dovessero essere compresi nel contesto di questo gruppo più ampio.

Esistono in ogni sistema familiare leggi inconsce che operano inconsapevolmente, che Hellinger sistematizza in tre grandi ordini: Appartenenza, Equilibrio e Ordine. La sofferenza di solito sorge quando un membro della famiglia viola inconsapevolmente queste leggi arcaiche. Si evidenziano, pertanto, dei blocchi, degli “irretimenti” che producono uno stallo del sistema. Il sistema non può evolvere se non riproducendo un meccanismo, vecchio, automatico, che agisce senza troppa consapevolezza. Ci si allora trova in uno stato di “presunta impossibilità”. Ci sentiamo tirati verso il basso, con un calo di energie, creative, fisiche; un blocco che si manifesta nei diversi contesti dell’agire quotidiano, famiglia, coppia, lavoro, amicizie.

Lo svolgimento pratico di una sessione di Costellazioni Familiari

Il mettere in evidenza queste violazioni è la finalità delle costellazioni familiari. Chi mette in scena la sua costellazione usa il gruppo per evidenziare le violazioni. Il costellante sceglie tra i partecipanti del gruppo delle persone che rivestano il ruolo di rappresentanti della propria famiglia. Li posiziona nella stanza in relazione tra loro in base al suo sentire del momento. In questo modo si crea un modello vivente del sistema familiare.

I rappresentanti sono liberi di muoversi e di dire quello che sentono essendo entranti in sincronicità con chi stanno rappresentando. Questo accade perché esiste un potente campo energetico che guida i movimenti dei rappresentanti e consente loro di avere accesso a tutte le informazioni essenziali del campo sistemico. Le costellazioni sono solitamente svolte con un gruppo di persone, in cui i membri del gruppo svolgono il ruolo di rappresentanti. Tuttavia, il metodo funziona anche in sessioni individuali in cui è possibile attraverso la lettura del proprio albero genealogico avere consapevolezza dei blocchi e dei cortocircuiti del proprio sistema.

Dalla comprensione alla rigenerazione: una chiarezza che ci “cura”

Questo lavoro scopre in modo reale qualsiasi dinamismo familiare distruttivo che potrebbe essere inconsciamente presente. Bisogna però ribadire qualcosa di fondamentale. Le costellazioni familiari non si limitano solamente a sciogliere quegli intrecci familiari bloccanti e depotenzianti per la persona, ma principalmente attivano potenti movimenti di rigenerazione e scoperta.

Finalmente si può trovare un nuovo equilibrio più naturale e salutare per l’intero sistema , in cui l’amore tra i suoi membri può fluire di nuovo e in modo più consapevole. Promuovendo il sostegno e la facilitazione piuttosto che l’impossibilità o il pericolo. Cosa fa in tutto questo il costellatore? Il costellatore ci fa capire le leggi collettive inconsce che operano all’interno di un sistema familiare. Ci aiuta a sintonizzarci con leggi superiori che ci portano oltre la famiglia personale e individuale, e ci mette in contatto con un’altra dimensione, in cui tutti noi siamo una cosa sola. Questo ha un immediato effetto curativo non solo su di noi, ma su tutti quelli che ci sono vicini. Capire ci permette di rigenerarci.

Costellazioni Familiari

Le Costellazioni Familiari sono un metodo di presa di coscienza e risoluzione di una vasta gamma di problematiche che derivano dalla famiglia di origine. Queste possono manifestarsi nella vita di ogni giorno sul piano del benessere individuale, delle relazioni interpersonali, del processo di auto-realizzazione.

Attraverso le Costellazioni Familiari possiamo infatti prendere coscienza di ingiustizie, esclusioni e privazioni vissute dai nostri antenati. Queste memorie dolorose potrebbero essere arrivate fino a noi e inficiare in qualche misura la nostra vita. Lasciando agire la rappresentazione scenica, possiamo comprendere a fondo l’origine di ciò che stiamo vivendo, reintegrare le informazioni mancanti per rimettere ordine nel sistema.

Risolvere nodi antichi

Il metodo delle Costellazioni Familiari aiuta a ricostruire la propria linea genealogica. Inoltre consente di prendere coscienza di traumi (malattie, guerra, morti, fallimenti), ingiustizie e privazioni vissuti nel sistema familiare, sociale e culturale. Tutte queste informazioni vengono infatti trasmesse dagli antenati ai discendenti.

Non è cosa semplice: molto spesso quello che viene rappresentato nelle costellazioni è uno scenario sconosciuto e inedito. E non potrebbe essere altrimenti, in quanto la costellazione ci mostra non solo quello che già sappiamo (per cui riconosciamo con stupore certi atteggiamenti e comportamenti riportati precisamente dai rappresentanti); il vero contributo di una costellazione consiste nello svelarci quello che non sappiamo riguardo la nostra famiglia.

La cosa importante è aprirsi alle informazioni che arrivano, accogliere con fiducia anche le rivelazioni più sconcertanti. Talvolta capita che la costellazione riveli addirittura informazioni sconosciute al cliente, ma puntualmente confermate da successive indagini. In ogni caso, qualunque cosa emerga dalla costellazione, il nostro livello di coscienza è in grado di elaborarlo e di assimilarlo, aumentando la nostra consapevolezza e permettendo così al nostro campo morfogenetico di riassestarsi più in profondità.

Come funzionano le Costellazioni Familiari

Gli elementi fondamentali per effettuare una Costellazione Familiare sono tre: un facilitatore, un cliente e dei rappresentanti.

  • Il FACILITATORE imposta il set fenomenologico in cui si sviluppa la costellazione, indaga assieme al cliente la tematica che si vuole esplorare e, sulla scorta della sua esperienza e competenza, porta la costellazione a una soluzione efficace.

  • Il CLIENTE è l’elemento fondamentale di una costellazione. E’ colui che porta la domanda su cui lavorare, che deve essere chiara e rilevante, ovvero non generica ed evasiva, bensì focalizzata su una tematica che richieda una soluzione. Ma soprattutto il cliente è importante perché è il suo campo morfogenetico che viene rappresentato fenomenologicamente, a cui si collegano il facilitatore e i rappresentanti.

  • I RAPPRESENTANTI sono generalmente persone (ma possono essere anche oggetti) su cui vengono proiettati dal campo morfogenetico taluni aspetti dei membri del sistema familiare. In genere (ma dipende dalla tecnica utilizzata dal facilitatore) possono esprimersi liberamente e spontaneamente, dando uno sviluppo dinamico alla costellazione.

Concretamente, dopo una breve indagine sulla tematica portata dal cliente e sulla situazione genealogica e sistemica, il cliente formula la domanda cui tenterà di dare risposta grazie alla costellazione. Il cliente dispone nello spazio previsto (o invita a disporsi liberamente) i rappresentanti della sua famiglia, o del suo partner, o delle sue relazioni affettive, lavorative, personali. Poi si siede e osserva.

I rappresentanti entrano in connessione con il campo morfico del soggetto e agiscono guidati da dinamiche spontanee, portando alla luce il vissuto emotivo delle persone reali o delle situazioni che rappresentano. In genere, nel giro di qualche minuto la costellazione arriva a uno stallo, a un blocco o un congelamento: è il cosiddetto irretimento, in cui vediamo la situazione “reale” del sistema familiare del soggetto, assistiamo all’emersione del nodo o del nucleo problematico del sistema.

Solamente la visione e la presa di coscienza di questo dato potrebbe bastare al cliente per destrutturare una serie di blocchi interiori e giungere a nuove consapevolezze riguardo se stesso e il proprio sistema; ma in genere si cerca di effettuare un aggiustamento della situazione, di esercitare un ruolo attivo nella ridefinizione del sistema.

Attraverso quindi un misurato e graduale cambiamento delle posizioni dei rappresentanti nello spazio, spontaneamente o attraverso l’intervento del facilitatore, si riporta il sistema nel giusto ordine: una rinnovata armonia dentro la quale il soggetto interessato riprende il suo posto e ristabilisce le corrette relazioni con i membri del suo sistema.

Riflessioni sulla coppia: terapia di coppia e sostegno psicologico

Riflessioni sulla coppia: conflitto e violenza

coppiaCon l’ultimo “femminicidio” di pochi giorni fa il numero di donne uccise dall’inizio dell’anno è arrivato a 49! E purtroppo questa è solo la punta dell’iceberg. Il numero di coppie  che vive in situazione di conflitto è difficile da calcolare ma sicuramente molto grande. Fortunatamente non tutte finiscono in omicidio o violenza, ma la sensazione è che il fenomeno sia molto diffuso. Questo è confermato anche nella realtà in cui viviamo, la richiesta di Terapia di coppia a Monterotondo copre circa la metà di tutte le richieste di intervento psicologico. Cosa sta succedendo? E’ cambiato qualcosa o è sempre stato così ed ora ce ne accorgiamo di più grazie ai mass media?

La coppia, intesa come relazione più o meno duratura tra due individui di sesso diverso, esiste in natura, almeno nel mondo animale, ed il suo significato biologico è la riproduzione e quindi la continuità della specie. Tra i mammiferi ci sono molti esempi di animali che formano coppie che durano molto più del tempo necessario alla procreazione e all’accudimento dei piccoli, per esempio i lupi formano coppie che durano anche per tutta la vita.

Quando ci occupiamo dell’essere umano, come sempre, le cose si complicano moltissimo.  La sola biologia non basta ad analizzare e cercare di capire le complesse dinamiche di coppia che si creano tra due esseri umani, basti pensare a sempre crescente numero di coppie omosessuali, il cui scopo principale non è certo la procreazione. Quindi oltre la biologia abbiamo bisogno della psicologia, della sociologia, dell’antropologia per cogliere l’intreccio di fattori culturali, sociali, ambientali, storici che regolano i rapporti di coppia nelle società così dette evolute e civili.

E’ indubbio, tutti lo cogliamo, che ci sia una forte spinta a formare delle coppie, tanto che nella maggior parte delle culture, la coppia è l’elemento base su cui si basa la società, o forse sarebbe meglio parlare di famiglia, che altro non è che la coppia dopo che ha espletato il suo compito biologico, la riproduzione. Ma, come detto prima, “l’uomo” è andato oltre, infatti possiamo vedere molte coppie che scelgono consapevolmente di non avere figli. Dobbiamo quindi ipotizzare una “spinta” verso la formazione di una coppia che risponde ad altre esigenze, di natura più psicologica*.

La ricerca del partner.

Perché, allora, tendiamo a cercare un partner? Probabilmente la risposta più semplice ed immediata è “perché non ci piace stare soli”, e questa risposta trova riscontro in moltissimi studi ed in molte teorie della moderna psicologia. Il bisogno di contatto (anche e soprattutto fisico), il bisogno di riconoscimento, il bisogno di condividere le esperienze che facciamo sono ormai universalmente riconosciuti come caratteristiche distintive degli esseri umani. A questo ovviamente vanno aggiunti fattori culturali (“comunque ad una certa età ci si sposa”), economici (trovare un buon partito), politici (durante il fascismo il matrimonio era quasi un obbligo sociale) che fanno sì che l’istituzione coppia abbia avuto un grande successo nella storia dell’uomo. Ma dato che noi siamo psicologi, vediamo di analizzare la cosa da un punto di vista psicologico. Quindi le domande che ci porremo sono: Con quale criterio scegliamo il nostro o la nostra partner? Come mai a volte sembra che scegliamo la persona più sbagliata possibile? Come mai portiamo avanti ottusamente relazioni che evidentemente non funzionano?  Perché a volte diventiamo aggressivi e violenti invece di andarcene semplicemente? Naturalmente qui faremo solo delle ipotesi, se sapessimo rispondere con assoluta certezza a queste domande avremmo risolto uno dei più grandi problemi dell’umanità.

Possiamo cominciare prendendo in esame una cosa semplice e lampante: nasciamo tutti “da” una relazione di coppia (ci vogliono due individui di sesso diverso, anche se oggi esistono tecniche tali che permettono di avere un figlio anche da soli) ed “in” una relazione di coppia,   quella composta da noi stessi e da nostra madre. Questa relazione è fondamentale per la nostra sopravvivenza (senza la mamma un piccolo umano non è in grado di cavarsela) ma anche per il nostro sviluppo fisico e psicologico. Probabilmente proprio questa relazione madre-figlio sarà alla base di tutte le altre relazioni della nostra vita, ed in particolare alla “relazione di coppia”.

Emotività: un codice che si crea fin dalla nascita

Ci serve una piccola digressione sul nuovo nato: chi è? Cosa vuole? Come funziona? Le teorie psicologiche sono molte, ma alcuni punti sono sicuramente condivisi ed in sintonia con il comune buon senso. I neonati sono “individui”, vale a dire delle unità psico-fisiche perfettamente funzionanti, dotate di tutte le risorse e le strategie necessarie per sopravvivere, a patto che ottengano la “collaborazione” dell’ambiente in cui vivono (fondamentalmente la madre).

Quello che vogliono è sostanzialmente avere risposte ai propri bisogni, in fretta e adeguate.

Funzionano per lo più secondo il principio del piacere-dispiacere, se tutto va bene se ne stanno tranquilli, altrimenti mettono in atto le loro strategie per ottenere il piacere e ristabilire l’equilibrio. Così il bambino ha fame – strilla fino a che non viene nutrito – poi torna tranquillo. Sembra tutto semplice e lineare, potrebbe funzionare bene, ma……..  possono  succedere molti “incidenti”. Ad esempio la madre potrebbe non riuscire ad interpretare il bisogno del bambino (lui ha mal di pancia e la madre gli dà cibo), oppure per qualche motivo non ha voglia di occuparsene, o magari il bambino è istituzionalizzato. Quindi il nostro bambino cresce apprendendo quali “strategie” funzionano nel suo ambiente e quali no, inoltre crescendo acquisisce nuove abilità (motorie, linguistiche, logiche, sociali) che userà per crearne di nuove, più sofisticate, mentre il suo ambiente si allarga sempre più (dalla famiglia alla scuola ai gruppi di pari, al mondo del lavoro, alla società in genere). Fondamentalmente scopre che per ottenere soddisfazione ai propri bisogni non basta a sé stesso, ha bisogno “dell’altro” (per ottenere cibo non basterà più strillare, bisognerà imparare a chiedere e ad attendere, e ad un certo punto anche procurarselo da solo). Anche i bisogni cambiano, e si fanno più complessi. Dai primordiali bisogni di nutrimento, accudimento (coccole), calore al bisogno di riconoscimento, di conoscenza, di autonomia, di struttura, che mi sento di definire “sani” ai bisogni reali o indotti che la nostra società ha creato (bisogno di i-phone?), meno sani, ai bisogni “nevrotici”, “non sani”.

Credo che possiamo suddividere le strategie in due grandi categorie: quelle basate sulla collaborazione e quelle basate sulla manipolazione. Naturalmente non dobbiamo considerarle come categorie assolute, spesso i due aspetti si fondono. Le strategie collaborative si basano sul riconoscimento dell’altro come individuo uguale a noi e portatore di bisogni proprio come noi. Quindi andranno nella direzione: “vediamo come è possibile trovare insieme soddisfazione ai nostri bisogni” e presuppongono la capacità di rinunciare a qualcosa. Le strategie manipolative si basano sul riconoscimento dell’altro unicamente come soggetto che può rispondere ai nostri bisogni e vanno nella direzione:” come posso costringerlo?”, l’ipotesi di rinunciare è molto remota.

Coppia e sessualità.

Torniamo alla nostra coppia. Abbiamo visto quanti elementi concorrano alla costruzione di una relazione adulta, psicologici, ambientali, sociali ecc., ma noi ci stiamo occupando di una particolare relazione, quella tra due adulti, che in qualche modo decidono di condividere parti importanti della loro vita. E qui entra in ballo un altro elemento, dirompente, la sessualità. Questo è l’ambito più “immediato” (nel senso che ha poche mediazioni di tipo sociale-linguistico, ci riporta al primitivo ambito senso-motorio) della relazione e quello in cui si manifestano più direttamente (e a volte drammaticamente) i conflitti.

Ora forse abbiamo le idee un pochino più chiare sui criteri con i quali scegliamo il partner: deve essere in grado di soddisfare i nostri bisogni, dai più arcaici (poco consapevoli) a quelli reali e, ahimè, soprattutto a quelli nevrotici. Lo stile con il quale cercheremo di ottenere la nostra soddisfazione sarà quello che abbiamo appreso nella nostra infanzia e poi perfezionato nell’arco della nostra vita. Inoltre probabilmente cercheremo quelle persone che somiglino il più possibile alle nostre figure di riferimento in modo da trovarci su un terreno “conosciuto”, anche se la maggior parte delle volte ha funzionato male. E questo che ad un osservatore esterno appare come “scelta sbagliata” (“non capisco proprio perché quei due stiano assieme”). E’ sbagliata se pensiamo ad un rapporto ideale, è giusta se risponde ai criteri di cui sopra: ricreare una situazione nota, nella quale in qualche modo me la sono cavata, senza riuscire a immaginare niente di diverso. E questo risponde alla domanda “perché certe relazioni vanno avanti anche quando sembrano terribili?”.  E comunque la paura di “perdere tutto” è spesso ciò che sostiene la relazione.

Forse il quadro che emerge è un po’ fosco, ma devo dire che la mia lunga esperienza clinica nella terapia di coppia, ma ancor più la mia esperienza di vita (quella che abbiamo tutti), mi hanno restituito l’idea di una “istituzione” veramente in crisi, in cui i conflitti la fanno da padroni, certo con tutte le sfumature possibili come detto all’inizio.

Sostegno psicologico: La terapia di coppia.

Infine qualche parola sulla terapia di coppia o meglio “della coppia”. In ogni relazione di coppia ci sono tre elementi: i due partner e la relazione. E’ evidente che si può pensare di intervenire su ognuno dei tre elementi o anche su tutti. Personalmente ritengo che il primo passo sia capire se la coppia ha ancora (se mai lo ha avuto) uno “spazio” in cui costruire o ricostruire una relazione sufficientemente sana. Se questo non c’è credo sia dovere del terapeuta aiutare la coppia a fare una buona separazione (compito di solito non facile). In secondo luogo valutare le rispettive motivazioni, risorse e capacità al fine di impostare un lavoro di presa di consapevolezza dei meccanismi che regolano il funzionamento della coppia (secondo lo schema sinteticamente mostrato in questo articolo), ed infine esplorare le possibilità di cambiamento. Non escludo una prima fase in cui uno dei partner (o anche tutti e due) faccia un breve percorso individuale al fine di rendere più equilibrato il successivo lavoro. In un buon funzionamento della coppia c’è veramente molto da guadagnare per tutti, per i partner, per i loro figli e per tutto l’ambiente circostante. Ovviamente non necessariamente c’è bisogno dell’intervento dello psicologo, a volte basta dedicare un po’ di tempo a parlarsi, esprimere con chiarezza e senza paura i nostri bisogni, rendersi conto che la coppia necessita impegno e non dare mai nulla per scontato.

 

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Attacchi di panico: sintomi, cause e trattamento

Cos’è un attacco di panico. 

Il Disturbo da attacco di Panico è uno dei disturbi più comuni ed è una delle patologie su cui si è più discusso negli ultimi anni. Si tratta di un disturbo che può comportare anche gravi disagi personali, lavorativi e sociali e ha una rilevante diffusione e l’età di esordio del disturbo di panico si colloca tra l’adolescenza ed i 30/35 anni. Nonostante le manifestazioni cliniche del disturbo siano simili nei due sessi, le donne hanno una maggiore probabilità di sviluppare il disturbo rispetto agli uomini, infatti viene diagnosticato con una frequenza doppia nelle donne (Apa, 2013).

Inoltre, sono frequenti le ripercussioni negative sulla qualità della vita, quali abuso di alcool, droghe o farmaci, e problemi economici, familiari e relazionali. Il primo attacco di panico si può verificare per diverse ragioni, ma possiamo vedere dalla storia dei pazienti che molto spesso coincide con un periodo di tensione o di stress elevati.

I fattori di rischio.

Sono considerati fattori di rischio:

  1.  eventi stressanti incentrati sulla separazione (per es. lasciare la casa dei genitori per andare a vivere da soli, lasciare la famiglia per lunghi periodi per ragioni di lavoro o altro, divorziare);
  2.  instabilità della famiglia originaria che determina insicurezza sotto forma di sensazione di non essere equipaggiati per affrontare adeguatamente i pericoli della vita;
  3.  familiarità: molti studi dimostrano che se l’età di esordio del disturbo di panico è inferiore ai 20 anni, i parenti di primo grado hanno una probabilità venti volte maggiore di sviluppare lo stesso disturbo;
  4.  fattori stressanti esterni quali la malattia o la morte di una persona cara, la presenza di malattie in famiglia, la propria malattia, problemi relazionali con il coniuge o i parenti, problemi finanziari, perdita o pressioni sul lavoro, eventi incontrollabili e/o imprevedibili, ecc.;
  5.  fattori stressanti interni che sono rappresentati dal modo in cui siamo abituati ad affrontare un problema, dal nostro modo di pensare.

La sintomatologia.

Il DSM-V definisce tale disturbo come segue:

“Un attacco di panico consiste nella comparsa improvvisa di paura o disagio intensi che raggiunge il picco in pochi minuti, periodo durante il quale si verificano quattro o più dei seguenti sintomi:

  • Palpitazioni, tachicardia;
  • Sudorazione;
  • Tremori fini o grandi scosse;
  • Dispnea o sensazioni di soffocamento;
  • dolore o fastidio al petto;
  • Nausea o dolori addominali;
  • Parestesie;
  • Brividi o vampate;
  • Paura di impazzire o morire;
  • Sensazione di vertigine o instabilità;
  • Derealizzazione o depersonalizzazione.

La maggior parte degli individui ha episodi di panico occasionali in cui la causa della paura è evidente, ad esempio la minaccia di un incidente stradale. Anche le crisi di panico prevedibili sono angosciose, mentre quelle inaspettate possono essere particolarmente sconcertanti e preoccupanti. La frequenza e l’intensità degli attacchi di panico sono mutevoli; posso essere moderatamente frequenti, ad esempio verificarsi una a settimana manifestandosi regolarmente per mesi, posso essere più brevi ma più frequenti e comparire tutti i giorni, ancora, possono trascorrere periodi senza attacchi o con episodi meno frequenti.

Le crisi di panico improvvise durano tendenzialmente tra i 10 ed i 20 minuti dove l’individuo prova angoscia e, subito dopo, può provare debolezza rimanendo in uno stato di ansia. Il soggetto percepisce questo lasso di tempo come interminabile, dove i normali processi di ragionamento sono compromessi. Il panico è un episodio in cui il soggetto esperisce un’intensa paura che è accompagnata da sensazioni corporee e mentali spiacevoli, difficoltà di ragionamento (es: “la mia mente si svuota”) e una sensazione di catastrofe imminente e improvvisa (es: segno di morte o di pazzia). Ad esempio, il soggetto può avere un attacco se interpreta la confusione mentale come il segnale di un impazzimento o qualche secondo di tachicardia come il segno di un infarto in corso. Generalmente la paura di morire, di perdere conoscenza, di comportarsi in modo strano e/o urlare, di perdere il controllo o di impazzire sono piuttosto comuni nei soggetti a cui viene diagnosticata un DAP.

Comportamenti conseguenti.

Solitamente, nel momento in cui si verifica un secondo episodio, il soggetto inizia a temere che si verificheranno altri episodi divenendo ansioso e apprensivo e sviluppando un modello di comportamento evitante. In questo caso il soggetto potrebbe cominciare a temere il panico stesso e iniziare ad avere “paura della paura”. Infatti, ripetuti attacchi di panico possono portare ad una limitata mobilità in cui, il soggetto, tende ad evitare le situazioni in cui potrebbe presentarsi un attacco ed in cui è difficile attuare una fuga. Di conseguenza, pianificano un itinerario, il momento in cui farlo e le varie possibilità di fuga.

In casi gravi, la lista dei luoghi da evitare si allunga progressivamente; ogni nuovo episodio di panico incrementa la lista di un altro ambiente pericoloso e, in casi estremi, la persona finisce con il recludersi in casa. I soggetti che hanno crisi di panico sono bisognosi di una presenza rassicurante, di una persona fidata che può intervenire qualora ne avessero bisogno. Durante la crisi il soggetto si sente come in trappola e il suo pensiero principale è quello di scappare, e ciò può portare l’individuo a mettere in atto un comportamento rischioso, come guidare ad alta velocità o uscire da un edificio precipitosamente.

Un altro possibile effetto è la permanenza in un sistematico stato di allerta, dove l’attenzione, l’immaginazione, la memoria e la memorizzazione avranno caratteristiche di selettività per sensazioni ed informazioni attinenti la possibilità di perdere il controllo e dunque vi sarà una maggiore disponibilità di informazioni di pericolo. Tale stato di allarme favorirà inoltre la comparsa dell’ansia anticipatoria che, come è noto, facilita l’insorgenza del panico.

Il trattamento.

Per quanto riguarda l’effetto dell’ansia sul comportamento, è molto frequente che si vada a strutturare tutta una serie di comportamenti protettivi e di ricerca di sicurezza. Tali comportamenti potrebbero prevenire esperienze disconfermanti la pericolosità della minaccia immaginata e che talvolta contribuiscono a peggiorare i sintomi temuti rendendo più probabile l’attacco; nel caso del ricorso all’iperventilazione, ad esempio, può aumentare la sensazione di soffocamento.  E’ da sottolineare l’importanza dei fattori relazionali sul mantenimento del disturbo: la coppia di un paziente con disturbo di panico si riduce talvolta ad una relazione di tipo diadico in cui il disturbo dell’uno è strumentale alla necessità di controllo e di vicinanza dell’altro partner.

Esistono dei protocolli di trattamento psicoterapico per il disturbo di attacchi di panico i quali sottolineano tutti l’importanza di una corretta ristrutturazione delle credenze e valutazioni del problema; si interviene quindi anche con una buona psicoeducazione. Fra le opzioni, la terapia cognitivo comportamentale utilizza tecniche che possono essere impiegate durante il trattamento: l’esposizione enterocettiva, l’esposizione in vivo, l’utilizzo della flash card e la tecnica del rilassamento muscolare progressivo di Jacobson.

Workshop Costellazioni Familiari 21-22 aprile

Centro Psicologia Monterotondo – Costellazioni Familiari Workshop 21 – 22 aprile 2018

Il seminario sulle Costellazioni Familiari è a numero chiuso fino ad un massimo di 20 iscritti

Ogni famiglia, come ogni sistema (squadra, gruppo, corpo, ambiente di lavoro, ambiente scolastico, stirpe, razza, nazione, ecc.), possiede delle proprie regole e valori spesso non esplicitati e acquisiti dai componenti del sistema in modo inconsapevole. Il metodo delle Costellazioni Familiari, che rende visibili nello spazio i processi profondi utilizzando persone estranee tra loro, viene utilizzato per la prima volta da Moreno, il medico fondatore dello psicodramma. Bert Hellinger ne ha fatto un metodo di lavoro sulla famiglia.

Con le Costellazioni Familiari vengono portate alla luce le dinamiche nascoste che ci mantengono legati alla nostra famiglia e ci fanno appartenere a quel gruppo: queste lealtà a valori, idee, leggi, del sistema che spesso sono “invisibili”, ci spingono ad attuare dei comportamenti che condizionano sia la nostra vita che i nostri sentimenti. Attraverso la connessione con il Campo Cosciente – la rete di informazioni presente intorno a noi – si può entrare in contatto con informazioni importanti su ciò che disturba o favorisce l’equilibrio nelle relazioni tra i componenti del sistema, migliorando in genere la relazione con se stessi e con il mondo, in un processo graduale e creativo di consapevolezza, accettazione e riparazione.

Indagare su noi stessi

Tramite le Costellazioni Familiari possiamo indagare e cercare soluzioni su:
-Famiglia d’origine e attuale
-Coppia e relazioni
-Separazioni o perdite dolorose
-Situazioni di vita difficili
-Stress, ansia, senso di colpa, aggressività, insicurezza
-Senso di non appartenenza
-Carenza della gioia di vivere
-Situazioni spiacevoli che si ripetono ciclicamente

Ciò che è più grande negli esseri umani è ciò che li rende uguali a tutti gli altri. Qualsiasi altra cosa che dèvi più in alto o più in basso da ciò che è comune a tutti gli esseri umani ci sminuisce. Solo essendo consapevoli di questo possiamo sviluppare un profondo rispetto per ogni essere umano.”

Bert Hellinger

Come si svolge:

Dal gruppo dei partecipanti si scelgono i rappresentanti per i vari membri familiari e si dispongono nello spazio in relazione l’uno con l’altro. Da questo momento i rappresentanti spesso si sentono e si comportano proprio come le persone che rappresentano, benché ne’ il terapeuta ne’ loro stessi abbiano ricevuto alcuna informazione preventiva sui fatti iniziali.
In questo modo, secondo il posto che questi occupano come sostituti di membri familiari, possono essere individuati i legami nascosti e le “lealtà invisibili”.

Il metodo delle Costellazioni Familiari consiste non tanto nel cercare di rimuovere il problema, quanto piuttosto nel facilitare il Protagonista a rivolgersi verso la Soluzione, la quale non può essere anticipata o prevista razionalmente, ne’ indicata, ma deve essere vista o percepita emergere da sé nella dinamica della rappresentazione sistemica stessa. La constatazione della realtà oggettiva, o comunque della realtà relativa al momento presente del sistema stesso, stimola l’accettazione consapevole di nuovi punti di vista. Ed è proprio questa rinnovata consapevolezza ciò che porta alla soluzione, essendo in parte essa stessa “La Soluzione”. Portando l’attenzione alla soluzione, piuttosto che al problema, permettiamo al nostro cuore di aprirsi ad una comprensione più profonda di ciò che siamo veramente. Imparando a vedere “ciò che è”: senza giudicare ne essere giudicati.

Il workshop sarà condotto dallo Psicologo Leonardo Magalotti. Specializzato in Psicoterapia della Gestalt, Psiconcologo, si occupa di nascita delle modalità relazionali e costruzione dei legami nell’infanzia, Video Micro Analisi, Umorismo nella Psicoterapia. Docente al Corso di Formazione in Psicologia Oncologica all’Istituto Regina Elena di Roma. http://www.magalotti.info/#home

Come Partecipare

COSTO 130 EURO DI CUI 50 EURO ALLA PRENOTAZIONE  – Termine ultimo per l’iscrizione 15 Aprile 2018
Per confermare la prenotazione è necessario versare 50 euro come acconto e caparra PRESSO IL CENTRO PSICOLOGIA MONTEROTONDO
oppure attraverso un BONIFICO sul seguente IBAN IT2300760105138200909200910
(poste PayEvolution intestata ad Andrea Di Gennaro- referente del workshop presso il Centro)

Causale ”COSTELLAZIONI APRILE MONTEROTONDO”

Per motivi organizzativa vi preghiamo di inviare ricevuta del pagamento tramite mail digennaro.andrea[at]gmail.com
oppure nome e cognome del/dei partecipanti tramite sms al numero: 328.7962471
Restiamo a disposizione per ogni chiarimento

Dott. Andrea Di Gennaro 328.7962471

Benvenuti nella sezione eventi e seminari del Centro di Psicologia di Monterotondo

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